Marco Polo e gli spaghetti
Molti dei nobili invitati, vedendolo nei guai, ridevano sotto
i baffi sottili, ma il Gran Khan, accortosi della cosa, disse:
Caro ospite, mi accorgo di essere stato scortese con te,
costringendoti a un uso che non è il tuo.
E vedo anche,
con dispiacere, che qualcuno si diverte per questo. Ora
voglio riparare alla scortesia.
Diede un ordine, e in poco tempo gli orafi del palazzo
prepararono molte forchette, simili a quelle che Marco Polo
gli aveva portato per mostrare gli usi occidentali.
Quando le
forchette furono in tavola, in Gran Khan disse:
In onore del nostro ospite, mangeremo gli spaghetti di riso secondo
il suo uso.
Nessuno poteva disobbedire a quell'ordine: e allora si videro le più
strane manovre, i grovigli più impensati, matasse di spaghetti cadevano,
scivolavano dai piatti, dalle tavole, sui commensali: e nessuno,
naturalmente, si sognava di ridere...
(R. Piumini, Marco Polo e gli spaghetti, in ‘Storie in un fiato’, Einaudi Ragazzi)